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Una nuova ricerca mostra che i livelli elevati di inquinamento da plastica possono uccidere gli embrioni di una vasta gamma di animali oceanici.
Gli scienziati hanno testato gli effetti dei nuovi pellet di PVC (i “nurdles” di pre-produzione utilizzati per realizzare molti prodotti di plastica) sullo sviluppo di dieci specie, che abbracciano tutti i principali gruppi (superphyla) di animali oceanici.
L'esposizione ad alte concentrazioni di pellet di PVC ha impedito uno sviluppo sano in tutte e dieci le specie.
Il processo principale interessato era la morfogenesi – un organismo che sviluppa la sua forma – e gli embrioni malformati non possono sopravvivere.
Lo studio, condotto da un team internazionale guidato dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn (Italia) e in collaborazione con l’Università di Exeter (Regno Unito), l’Università di Barcellona (Spagna) e la Queen Mary University di Londra (Regno Unito), evidenzia i “potenziali effetti catastrofici” dell’aumento dei livelli di plastica nell’oceano.
"Quando esposte ad alti livelli di nuovi pellet di PVC, le specie che abbiamo esaminato hanno mostrato diversi problemi sviluppo", ha affermato la prima autrice dello studio, la dott.ssa Eva Jimenez-Guri.
“Alcuni non sono riusciti a creare una conchiglia o una notocorda, altri non sono riusciti a formare caratteristiche bilaterali (sinistra-destra), altri hanno semplicemente smesso di svilupparsi dopo alcuni cicli di divisione cellulare.
“Nessuno è riuscitio a creare un embrione vitale”.
Lo studio ha incluso anche specie che si riproducono asessualmente mediante rigenerazione (scissione) e ha scoperto che anche queste erano colpite da alte concentrazioni di nuovi pellet di PVC.
“Il livello di inquinamento che abbiamo esaminato sarebbe stato riscontrato solo in circostanze come una fuoriuscita di pellet di PVC”, ha affermato la dottoressa Jimenez-Guri.
“Sappiamo che questi eventi straordinari possono accadere. Ad esempio, a gennaio milioni di pellet sono fuoriusciti da una nave mercantile al largo del Portogallo.
“Si è scoperto che anche i fiumi e le spiagge vicino agli impianti petrolchimici contengono livelli molto elevati di pellet di pre-produzione”.
L’Unione Europea sta attualmente discutendo una legislazione volta a ridurre i rilasci di pellet di plastica pre-produzione.
Lo studio ha inoltre esaminato gli effetti tossici dei campioni di plastica recuperati dalle spiagge.
Sebbene gli effetti non fossero così diffusi come quelli dei nuovi pellet di PVC, è stato riscontrato che alte concentrazioni influenzano lo sviluppo di molluschi, ricci di mare, stelle marine e ascidie.
Le coste e i fiumi sono noti punti focali dell’inquinamento da plastica e, poiché le specie oggetto dello studio vivono tutte in aree costiere, un grave inquinamento potrebbe avere un impatto notevole.
“Se si verifica un inquinamento estremo in un momento in cui queste specie si riproducono, allora non si avrà la generazione successiva di quelle specie”, ha affermato la dottoressa Jimenez-Guri.
Spiegando come la plastica causa anomalie dello sviluppo, la dottoressa Jimenez-Guri ha affermato che la plastica contiene una complessa varietà di componenti potenzialmente dannosi, tra cui in questo caso lo zinco, che vengono rilasciati lentamente una volta che la plastica è nell’acqua.
La ricerca è stata finanziata da una borsa di studio Marie Skłodowska-Curie assegnata alla la dottoressa Jimenez-Guri presoo la Stazione Zoologica Anton Dohrn.
L’articolo, pubblicato sulla rivista Chemosphere, è intitolato: “Developmental toxicity of pre-production plastic pellets affects a large swathe of invertebrate taxa” (https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S004565352400780X). 

 

press release

Tipo selvatico (a sinistra) Parhyale hawaiensis (crostaceo), Ciona intestinalis (tunicato) ed Exaiptasia diaphana (cnidario) accanto agli animali dello stesso stadio trattati con percolati di pellet di PVC (a destra).

Il gruppo di ricerca guidato dalla Dott.ssa Maria Ina Arnone alla Stazione Zoologica Anton Dohrn ha pubblicato un nuovo studio che descrive lo sviluppo e la caratterizzazione delle cellule che producono l’ormone di rilascio della tireotropina (TRH) dai primi stadi di sviluppo fino allo stadio successivo alla metamorfosi, chiamato juvenile.
I ricci di mare hanno uno sviluppo complesso. Dopo gli stadi embrionali segue un stadio di larva, chiamata pluteo, che non assomiglia all’adulto, cui darà origine dopo metamorfosi. Durante tutto lo sviluppo il sistema nervoso si accresce in complessità. Utilizzando tecniche per la visualizzazione di mRNA e proteine, è possibile individuare specifici neuroni, ottenere informazioni sulla loro funzione e seguirne le modifiche durante lo sviluppo.
In questo studio, il team di ricercatori si è concentrato su un particolare gruppo di neuroni (detti TRHergici) che producono un omologo dell’ormone TRH che nei mammiferi è prodotto dal cervello e controlla l’attività della tiroide. In particolare, i ricercatori hanno individuato le cellule TRHergiche a vari stadi dello sviluppo nella specie mediterranea Paracentrotus lividus, mostrando come il numero di cellule e di assoni aumenta fino a produrre una estesa rete di neuroni TRHergici. Nei juvenile questa rete colonizza quasi tutte le strutture, comprese le spine e i pedicelli.
Infine, i ricercatori hanno caratterizzato gli altri geni espressi dalle cellule TRHergiche della larva di P. lividus e le hanno confrontate con quelle di altre specie di riccio di mare: Strongylocentrotus purpuratus, Arbacia lixula e Heliocidaris tuberculata; in questo modo hanno indagato come questi neuroni si sono evoluti.

Il lavoro, pubblicato sulla rivista Frontiers in Neuroscience
(https://www.frontiersin.org/journals/neuroscience/articles/10.3389/fnins.2024.1378520/full), è stato svolto nel laboratorio della Dott.ssa Arnone alla Stazione Zoologica Anton Dohrn, dalla Dott.ssa Maria Cocurullo in collaborazione con il Dott. Periklis Paganos e la Dott.ssa Giovanna Benvenuto.

 

immagine per advertisment TRH in P lividus

Nel 1898 Camillo Golgi descrisse la struttura intracellulare che in seguito prese il suo nome, l’apparato di Golgi, e che oggi sappiamo essere coinvolta nel trasporto e nella modificazione di proteine destinate alla secrezione. L’apparato di Golgi può essere formato da unità singole o multiple; quest’ultime possono rimanere indipendenti o connettersi le une alle altre in un’unica struttura centralizzata chiamata Golgi ‘ribbon’. Il ribbon è generalmente considerato un’organizzazione dell’apparato di Golgi esclusivamente presente nelle cellule degli animali vertebrati. Il motivo per cui il Golgi ribbon si sia evoluto e le sue funzioni biologiche non sono chiare. Tuttavia, in diverse patologie, tra cui le malattie neurodegenerative, questa organizzazione dell'apparato di Golgi viene persa, indicandone l’importanza per la fisiologia cellulare.
Lavorando sulla secrezione cellulare, prima a UConn Health negli Stati Uniti e in seguito all’University College London nel Regno Unito, il dottor Ferraro è stato a lungo affascinato dal Golgi ribbon, ipotizzando che le sue funzioni possano essere decifrate tramite un approccio di biologia comparativa, in una prospettiva evoluzionistica. Rientrato in Italia, alla Stazione Zoologica Anton Dorhn, il dottor Ferraro ha focalizzato i suoi interessi sul Golgi ribbon conducendo uno studio che ha coinvolto numerosi colleghi dell’istituto napoletano e di centri di ricerca in Francia, Spagna, Germania, Regno Unito, Norvegia e Stati Uniti (*). Lo studio, apparso in questi giorni sulla rivista Cell Reports (ref) ha scoperto che lungi da essere esclusivo dei vertebrati il Golgi ribbon è presente nelle cellule di molti gruppi tassonomici di animali. Queste osservazioni indicano che questa struttura dell’apparato di Golgi è apparsa presto nella storia evolutiva degli animali, prima della loro diversificazione nei gruppi oggi esistenti. Lo studio ha anche rivelato che questa struttura, inizialmente assente, si forma durante lo sviluppo embrionale nel riccio di mare, nell’ascidia e nell’anfiosso. Questa osservazione suggerisce la possibilità che il Golgi ribbon abbia una funzione nello sviluppo embrionale e che forse questo è il ruolo ancestrale per cui si è evoluto.
Rivelando l’insospettata e ampia presenza del Golgi ribbon tra gli animali, lo studio che si è avvalso della collaborazione interdisciplinare di zoologi, biologi cellulari, dell’evoluzione e dello sviluppo riporta l’attenzione della comunità scientifica su questa struttura enigmatica e sulla importanza di decifrarne le funzioni. Futuri studi in questa direzione permetteranno una maggiore comprensione del ruolo del Golgi ribbon nell’evoluzione delle cellule animali e nella loro fisiologia, e delle conseguenze che la sua perdita sul decorso delle malattie neurodegenerative e di altre patologie.

 

 Foto 1 Golgi

Un’indagine morfologica dell’apparato di Golgi in specie contemporanee ha permesso di identificare l’origine del Golgi ribbon durante la storia evolutiva degli animali nell’antenato comune degli cnidari (meduse e coralli) e dei bilateri (tutti gli animali con simmetria bilaterale).

Figura 2 Golgi

Le immagini mostrano un embrione di riccio di mare (Paracentrotus lividus) marcato con indicatori fluorescenti dell’apparato di Golgi (verde) e della membrana plasmatica (magenta). Si può osservare come l’apparato di Golgi, inizialmente presente come elementi separate nelle cellule embrionali, divenga una singola struttura, il Golgi ribbon. Il tempo trascorso dalla fecondazione è indicato.

 

*Oltre a Francesco Ferraro allo studio hanno contribuito Giovanna Benvenuto, Serena Leone, Emanuele Astoricchio, Enrico D’Aniello, Salvatore D’Aniello e Ina Arnone della Stazione Zoologica Anton Dohrn; Sophia Bormke, Jack Ullrich-Lüter e Carsten Lüter del Museo di Storia Naturale di Berlino in Germania; Sanja Jasek e Gáspár Jékely del Living Systems Institute della University of Exeter nel Regno Unito; Maike Kittelmann del Department of Biological and Medical Sciences della Oxford Brookes University nel Regno Unito; Kent McDonald della University of California Berkeley negli Stati Uniti; Volker Hartenstein del Department of Molecular, Cell and Developmental Biology dell’University of California Los Angeles negli Stati Uniti; Valentina Baena del Department of Cell Biology di UConn Health di Farmington negli Stati Uniti; Héctor Escrivà e Stephanie Bertrand dell’Istituto di Biologie Intégrative des Organismes Marins della Universita della Sorbona e CNRS in Francia; Bernd Schierwater dell’Institute of Ecology and Evolution della Hannover University of Veterinary Medicine Foundation in Germania; Pawel Burkhardt del Michael Sars Centre dell’Università di Bergen in Norvegia; Iñaki Ruiz-Trillo dell’Institut de Biologia Evolutiva dell’Università Pompeu Fabra di Barcellona in Spagna. February 29, 2024 DOI:https://doi.org/10.1016/j.celrep.2024.113791

L’Associazione Amici dell’Acquario di Napoli presenta l’incontro-dibattito Dialogo sugli Oceani che si svolgerà lunedì 22 aprile alle ore 17:30 presso la sala Donato Marino della Stazione Zoologica Anton Dohrn in Villa Comunale.

Da una parte Roberto Casati, filosofo, che ha proposto un forte cambiamento delle nostre prospettive di vita nel suo libro “Oceano”. Casati scrive “La filosofia e il mare sono legati a doppio filo”, e ci racconta perché nella sua opera. Dall’altra Daniele Iudicone, oceanografo, che studia le dinamiche di quello stesso oceano, e legge i movimenti delle correnti e delle onde come fossero parole sulla pagina di un libro.

Introduce e modera:
Silvia Caianiello, storica della scienza
Istituto per la Storia del Pensiero Filosofico e Scientifico Moderno, CNR

Intervengono:
Roberto Casati, filosofo
École normale supérieure di Parigi

Daniele Iudicone, oceanografo
Stazione Zoologica Anton Dohrn

Con l'occasione sarà inaugurata la mostra Above and Below: visioni di città e paesaggi terrestri ripresi sotto il pelo dell’acqua di mare giocando con la variazione dell’indice di rifrazione tra acqua e aria. L’esposizione fotografica sarà arricchita da paesaggi sonori opposti: da una parte i rumori del traffico di una città (Napoli), e dall’altra il soundscape sottomarino costiero del Golfo di Napoli.

Fotografie:
Martin Devrient

Installazione sonora:
Francesco Caruso, bioacustico
Stazione Zoologica Anton Dohrn


Marco Signore, paleontologo
Stazione Zoologica Anton Dohrn

La serata si concluderà con un brindisi.
L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti.


Vi aspettiamo!

Pilar Tozzi
Presidente Associazione Amici dell’Acquario di Napoli

Marina Montresor
Segreteria Associazione Amici dell’Acquario di Napoli

 

invito 22 aprile page 0001

 

Avviso: procedura partecipata per l’acquisizione di proposte e/o osservazioni per la modifica del Codice di comportamento della Stazione Zoologica Anton Dohrn

Scadenza 30.04.2024

Avviso pubblico

Modulo scaricabile

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Pubblicato il 03.04.2024

LabUna nuova specie di parassita è stata descritta da una rara specie di razza della costa Pacifica della Costa Rica il cui nome scientifico è Urotrygon munda. La nuova specie di trematode nominata Anaporrhutum mundae è stata descritta da un team di ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli (SZN), dell’Universidad de Costa Rica (UCR) e dell’ Instituto Costarricense de Pesca y Acuicultura. Il team guidato dal Dr. Mario Santoro (SZN) e dal Dr. Alberto Solano-Barquero (UCR) ha pubblicato questa nuova scoperta nella rivista scientifica Journal of Helminthology (https://doi.org/10.1017/S0022149X2400018X) nell’ambito di un progetto internazionale finalizzato allo studio della biodiversità parassitaria dei pesci marini della Costa Rica. La Costa Rica possiede un’impressionante livello di biodiversità che include anche tante specie endemiche di differenti taxa. Il Dr. Mario Santoro sostiene che il proseguo della ricerca condurrà alla scoperta di molte nuove interessanti “sorprese” nei pesci della Costa Rica.

 

Uno studio condotto da un team della Stazione Zoologica Anton Dohrn guidati dal ricercatore Ulisse Cardini del Dipartimento di Ecologia Marina Integrata firma una nuova pubblicazione scientifica che esplora il ruolo delle simbiosi tra le piante marine e i loro partner microscopici e come l’acidificazione degli oceani influisca sul loro nutrimento.

Posidonia CardiniLe praterie di piante marine sono ecosistemi ricchi di biodiversità, simili a giardini sottomarini, fondamentali per la vita degli oceani e delle creature marine. Tuttavia, si trovano ora ad affrontare una minaccia crescente: l'acidificazione degli oceani, derivante dalla dissoluzione eccessiva di anidride carbonica, prodotta principalmente dalle attività umane.

Per comprendere gli effetti di tale acidificazione sul nutrimento delle piante marine, uno studio innovativo si è concentrato sulla Posidonia oceanica nel Mar Mediterraneo e sul ruolo dei suoi simbionti microscopici. Sfruttando le emissioni di anidride carbonica provenienti dalle attività vulcaniche presso l'isola di Ischia, in Italia, gli scienziati hanno studiato questa pianta e i suoi simbionti in condizioni di acidità non lontane da quelle previste per il futuro degli oceani. Alla guida di questo importante lavoro il dott. Ulisse Cardini della Stazione Zoologica Anton Dohrn presso il Genoa Marine Center, in collaborazione con ricercatori dell’Università di Brema in Germania, dell’Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine - CNR di Ancona, dell’Università di Aarhus in Danimarca e dell’Università della Boemia Meridionale in Repubblica Ceca.

Le loro scoperte sono state sorprendenti: nonostante l'acidità crescente, le praterie di posidonia mostrano una straordinaria resilienza nei processi del ciclo dell'azoto, un nutriente fondamentale per la loro crescita. Le foglie di queste piante marine sono diventate vere e proprie centrali per le trasformazioni dell'azoto, coinvolgendo una vasta gamma di microorganismi simbiotici, tra cui Batteri e Archaea.

Ancora più interessante, commenta il dott. Ulisse Cardini, è stato osservare che, nonostante l'acidità in aumento, questi microorganismi non solo rimangono attivi ma accelerano anche molti processi cruciali. Mentre le piante marine traggono beneficio dall'aumento di anidride carbonica per la fotosintesi e la produzione di zuccheri, i microorganismi favoriscono la sintesi proteica attraverso una maggiore acquisizione di azoto.

Tuttavia, spiega ancora il dott. Cardini, questo vantaggio nutrizionale non è privo di rischi, dal momento che può aumentare il rischio di predazione da parte di erbivori e altri organismi. Questo delicato equilibrio mette in evidenza l'importanza di uno studio dettagliato dei processi che regolano la salute e la resilienza degli ecosistemi marini.

In conclusione, questo studio fornisce preziose informazioni su come le piante marine e i loro microbi affrontano l'acidificazione degli oceani, sottolineando l'importanza di proteggere questi ecosistemi, fondamentali per contrastare i cambiamenti climatici e per la conservazione della vita oceanica per le generazioni future.

Team Stazione Zoologica Anton Dohrn
Ulisse Cardini (EMI), Johanna Berlinghof (EMI e Università di Brema), Luis Montilla (EMI), Friederike Peiffer (EMI), Ugo Marzocchi (EMI e Università di Aarhus), Francesca Margiotta (RIMAR), Maria Abagnale (RIMAR)

Original publication
Johanna Berlinghof, Luis M. Montilla, Friederike Peiffer, Grazia M. Quero, Ugo Marzocchi, Travis B. Meador, Francesca Margiotta, Maria Abagnale, Christian Wild & Ulisse Cardini. Accelerated nitrogen cycling on Mediterranean seagrass leaves at volcanic CO2 vents. Communications Biology 7, 341 (2024). https://doi.org/10.1038/s42003-024-06011-0

Project funding
This research was supported by a Ph.D. fellowship co-funded by the Stazione Zoologica Anton Dohrn (SZN) and the University of Bremen (to J.B. and F.P.), a Ph.D. fellowship funded by the Open University – SZN Ph.D. Program (to L.M.M.), and a SZN postdoctoral fellowship (to U.M.). U.C. was partially supported by the Italian PRIN 2022 project ENGAGE (grant n. 20223R4FJK) and PRIN 2022 PNRR project BORIS (grant n. P2022R739J), funded by the European Union – Next Generation EU.

4 marzo 2024 - Accademia Nazionale dei Lincei

WhatsApp Image 2024 03 06 at 12.04.05La conferenza presso l'Accademia Nazionale dei Lincei è stata un affascinante viaggio attraverso i progressi scientifici nel campo della fotosintesi, dedicato al ricordo di Giorgio Forti, membro dell'Accademia e pioniere di questo campo.

La giornata ha visto la partecipazione di eminenti scienziati italiani e internazionali, sotto la guida del Comitato ordinatore, coordinato dal nostro Presidente Roberto Bassi.

Il Presidente della Classe di Scienze Fisiche, Matematiche e Naturali dei Lincei, Giorgio Parisi, ha dato il benvenuto, sottolineando l'importanza della conferenza in onore di Giorgio Forti.

Lia Forti ha fornito uno sguardo intimo sulla vita di Giorgio Forti, evidenziando le sue esperienze giovanili, tratti umani e il suo impegno sia in ambito scientifico che sociale. Maria Ida De Michelis (Università di Milano) e Massimo Annibale Rossi (ONG Vento di terra - Milano) hanno riattraversato le principali tappe della vita accademica di Giorgio Forti, mettendo in luce in particolare il suo ruolo spessore umano e il suo ruolo nella formazione di scienziati di successo. Giuseppe Zucchelli (Istituto di Biofisica CNR - Milano) ha poi delineato lo sviluppo degli studi fotosintetici negli ultimi 40 anni, evidenziando i contributi promossi da Giorgio Forti.

Nella successiva sessione scientifica, Paolo Bernardi (Università di Padova) ha iniziato tracciando lo sviluppo storico della ricerca sulla sintesi dell'ATP, sottolineando l'importanza di Giorgio Forti attraverso il GruppoWhatsApp Image 2024 03 06 at 12.05.25 Italiano di Bioenergetica. Nathan Nelson (Tel Aviv University) ha descritto il lavoro fatto e i progressi compiuti nello studio della struttura e funzione dei sistemi fotosintetici. Leonardo Guidoni (Università dell’Aquila) ha raccontato lo stato dell’arte sullo studio dell’ossidazione dell’acqua, con particolare riferimento all’identificazione delle specie chimiche intermedie, combinando studi teorici e sperimentali. Giovanni Finazzi (CNRS - Grenoble) ha esplorato tre temi fondamentali studiati da Forti negli anni '90 e 2000, sottolineando la rilevanza delle sue intuizioni sulla generazione di gradienti protonici, il bilanciamento della sintesi di ATP e la topologia cellulare nella fotosintesi. Dario Leister (Ludvig University - Munich, Germany) ha presentato ricerche sul flusso ciclico degli elettroni, rivelando il ruolo chiave di PGR5 e gli studi sul suo complesso controllo. WhatsApp Image 2024 03 06 at 12.06.49Tomas Morosinotto (Università di Padova) ha continuato parlando degli studi in atto sul sistema ascorbato-perossidasi del cloroplastoWhatsApp Image 2024 03 06 at 12.05.58 e il suo ruolo nel trasporto pseudo-ciclico degli elettroni. Roberta Croce (Vrije Universiteit - Amsterdam) ha revisionato i metodi utilizzati dagli organismi fotosintetici per bilanciare la raccolta di fotoni da parte dei fotosistemi su varie scale temporali.

Giulio Cerullo (Politecnico di Milano) ha illustrato l'applicazione della spettroscopia ultra veloce per seguire i processi fotoindotti nei complessi fotosintetici, offrendo un'analisi dettagliata su LH2 di batteri viola e LHCSR3 di alghe verdi.

Maurizio Prato (Università di Trieste) ha concluso la giornata offrendo una prospettiva sullo stato attuale dello sviluppo di sistemi fotosintetici artificiali e le loro applicazioni.

La giornata si è chiusa con una discussione generale, riflettendo sull'impatto delle ricerche presentate e aprendo la strada a future prospettive scientifiche.

In conclusione, il Convegno Linceo ha fornito un tributo ricco di aneddoti a Giorgio Forti, celebrando la sua eredità scientifica e sociale nel campo della fotosintesi.

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